Relazione tra ipoacusia e demenza
Tanto più si hanno problemi di udito, tanto più si rischia di incorrere nello sviluppo di una demenza: “Oggi sappiamo che tra ipoacusia e demenza esiste una relazione bidirezionale: un grave deficit uditivo è in grado di aumentare di ben 5 volte, in maniera indipendente rispetto ad altri fattori, il rischio di sviluppare demenza”.
Importante intervenire tempestivamente sul danno uditivo
A spiegarlo è Alessandro Martini, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso e docente di Otorinolaringoiatria, Azienda Ospedaliera Università di Padova: “Dobbiamo quindi intervenire tempestivamente sul danno uditivo, con opportuni test audiometrici e i giusti apparecchi acustici, in modo da contrastare il più possibile il decadimento della funzione uditiva.
Rallentare anche di un solo anno l’evoluzione del quadro clinico, porterebbe a una riduzione del 10% del tasso di prevalenza della demenza nella popolazione generale, con un notevole risparmio in termini di risorse umane ed economiche”. Stando ai dati, oltre 7 milioni di italiani e 590 milioni di persone nel mondo convivono con un deficit dell’udito e vanno incontro a un rischio maggiore di sviluppare forme di demenza: Il pericolo di decadimento cognitivo è direttamente proporzionale al livello di ipoacusia: può aumentare fino a 5 volte nei casi più gravi di sordità e per ogni peggioramento dell’udito di 10 decibel si registra una crescita del rischio di demenza di circa 3 volte (…).
Raddoppiamento anziani e persone affette da sordità
Come spiega Roberto Bernabei, Direttore Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nei prossimi 30 anni la percentuale di anziani raddoppierà e nel 2050 gli ultrasessantenni saranno quasi 2 miliardi (il 21% della popolazione mondiale). Nello stesso periodo, anche le persone affette da sordità raddoppieranno e supereranno il miliardo, mentre gli individui con una forma di demenza triplicheranno e saranno più di 100 milioni: “L’allungamento della vita media è un dato di fatto. Dobbiamo prendere atto di come il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione sia correlato alla demenza e al deficit dell’udito. Ebbene, se oltre il 50% delle persone con più di 85 anni ha un deficit cognitivo e quasi il 90% ha un disturbo dell’udito, c’è il rischio paradossale di arrivare tutti a vivere fino a 100 anni di età, ma senza accorgercene”.
Apparecchi acustici per ritardare l’invecchiamento cognitivo
Secondo gli esperti è possibile ritardare l’invecchiamento cognitivo tramite l’uso di apparecchi acustici e una maggiore attenzione verso la prevenzione e l’identificazione precoce della sordità. Eppure, gli apparecchi acustici sono fortemente sotto-utilizzati nel nostro Paese: si stima che l’età media degli italiani “portatori” di apparecchi acustici sia di 74 anni, contro una media europea di 60,5 anni. “È un problema culturale – conclude il professor Bernabei – se un bambino sente poco è automatico suggerire una soluzione acustica, se un cinquantenne non riesce più a leggere il giornale è automatico che inforchi gli occhiali: è mai possibile che su oltre 7 milioni di italiani ipoacusici solo 700.000 portino gli apparecchi acustici?”.
Fonte: Il Sole 24 Ore